Con le ultime opere in porcellana dell’artista americano
Dennis Olsen, oltre ai suoi già famosi monotipi realizzati
con una particolare tecnica di elaborazione digitale, la galleria
FYR propone una mostra di particolare raffinatezza ed intensa
sensibilità.
Come un archeologo sognatore, Dennis Olsen simula nelle sue porcellane
e incisioni le impronte indelebili del tempo, camminando alla
ricerca di un passato remoto che sfugge tra le dita. Nelle sue
opere pare di riconoscere la traccia di un soffio di vento sulla
pietra o la lenta azione della sabbia nella corrente di un fiume.
Esse portano il segno intangibile di una presenza umana, come
la forma di una mano che emerge dalla porcellana colorata, o di
quei caratteri indecifrabili ma, chissà perché,
stranamente familiari. Per questa ragione Olsen non si considera
un artista lontano dalla rappresentazione figurativa, anche se
le sue opere possiedono una forte qualità astratta.
Secondo Olsen è affascinante osservare i graffiti o i
vecchi manifesti stratificati sui muri di qualsiasi città:
sono finestre sul passato che scoprono la memoria dell’
edificio e la storia della sua esistenza. Di conseguenza, nella
sua arte si ritrovano quelle forme che rivelano strati di idea,
cambiamenti di cuore e trasparenze.
Andata e ritorno fra passato e presente, egli usa nelle sue opere
la materia grezza. Ma può anche lavorare a partire da immagini
ritoccate sul computer tramite una riserva di caratteri pescati
nei vecchi manoscritti del medioevo come nelle culture lontane
delle lingue latine che gli servono per comporre le sue sequenze
di parole. Attraverso la sovrabbondanza di simboli e caratteri,
sovrapposti o cancellati, Dennis Olsen sembra ridare vita a delle
civilizzazioni antiche o dimenticate. Così ricrea una lingua
codificata portatrice di un messaggio nascosto sotto il colore.
Una riflessione personale sul senso stesso della parola, dei
segni e del tempo che attraversa le nostre esistenze.